NARRATORE

In prosa Trinko pubblicò nel Ljudski glas (La voce del popolo) di Lubiana un saggio dal titolo Beneški Slovenci (Gli sloveni della Benecia) (1883, n. 6, 14, 18). Del Glas divenne una specie di corrispondente della Slavia Veneta  scrivendo articoli per la rubrica Izvirni dopisi (Notizie di prima mano).

In essa informava sui problemi allora più scottanti della Benecia.

Il 16 gennaio 1883 tratta delle vicende culturali e politiche, il 16 febbraio esorta i conterranei della Benecia a rivolgersi al governo italiano perché introduca nelle scuole lo sloveno com’era stato concesso alla comunità tedesca. Auspica una più ampia diffusione dei libri sloveni. Il 16 aprile constata la progressiva ed inarrestabile italianizzazione della Benecia.

Nell’articolo Pozabljeni bratje Beneški Slovenci (I beneciani, fratelli dimenticati) il 16 giugno disegna una specie di linea divisoria umana e caratteriale tra i beneciani e i friulani. Né gli uni né gli altri potranno mai essere completamente assimilati all’italianità, inoltre per il risveglio culturale dei beneciani sarebbero preziosi i libri sloveni. Nel 1884 cominciò a collaborare al Ljubljanski zvon con la novella Vedomci (Lupi mannari), seguirono Divje žene ali krivjopete (Streghe), inserite più tardi da J. Sket in J. Wester nella Slovenska čitanka (Antologia slovena) per la prima classe del liceo femminile (ed. Mohorjeva družba 1910) e nella Slovenska čitanka (Antologia slovena) per la prima classe delle scuole medie (4. ed. riveduta della Mohorjeva družba 1910; 5. ed. 1912).

Nel 1897 Marica Nadlišek si assicurò la collaborazione di Trinko alla rivista Slovenka, pubblicata a Trieste. Qui uscirono nel n° 4 la sua  Otroška psychologija (Psicologia infantile)  e gli articoli Čestitim “Slovenkinim” sotrudnicam v prevdarek (Alla considerazione delle collaboratrici della Slovenka) (n° 19) e  Naši literarni boji (Le nostre battaglie letterarie) (n° 25).

Poi si avvolse nel silenzio e solamente nel 1929 uscì presso la Goriška Mohorjeva družba un libro contenente nuovi racconti brevi,  Naši paglavci (I nostri monelli). Protagonisti appunto i monelli nostrani, impegnati nel gioco, che il sabato aspettano sulle alture sopra il paese che i loro cari portino loro qualcosa di buono dalla fiera di Cividale. Vivono attaccati alla comunità e alle usanze e Trinko li incornicia nelle bellezze delle colline e delle valli della Benecia dove ogni valle è un mondo a sé stante con il suo dialetto. In questi racconti ci sono pure i grandi con la loro parlata tipica, con le loro preoccupazioni e le piccole soddisfazioni, con il loro modo di vivere e pensare ma anche con le loro superstizioni.

Curò il manoscritto il prof. Anton Kacin (PSBL II, pp. 1-3) che di comune accordo con l’autore apportò alcune correzioni.

Dalle giovanili Poezije (Poesie) ai Paglavci (I monelli), il Trinko aveva conseguito nella padronanza della lingua un fortissimo progresso diventando un valido scrittore sloveno che arricchiva il proprio linguaggio con alcuni termini dialettali della sua terra (cfr. Izvestje, Trieste 1979).

L’anno dopo scrisse il racconto breve Ded in vnučki (Il nonno e i nipotini) (Družina 1930,  pp. 17-19), poi la sua attività di narratore si interruppe.

Si cimentò pure nelle opere per il teatro, limitandosi a due atti unici manoscritti. (Marjan Brecelj, Trinkov koledar 1980, pp. 64-74).